Vescovo e legislatore dell'Ordine - Festa - 17 settembre
Nato a Castrum Gualterii (l’attuale Castel Gualtieri, in diocesi di Reggio Emilia) verso la metà del sec. XII, dalla famiglia Avogadro, come alcuni sostengono, oppure, più probabilmente, dai Conti di Sabbioneta.
La prima data sicura della sua vita è il 1180, anno in cui fu eletto priore dei Canonici Regolari di S. Croce di Mortara (Pavia). Nel 1184 fu nominato vescovo di Bobbio e l’anno seguente trasferito a Vercelli, che governò per vent'anni. In questo periodo vercellese svolse con rara prudenza e fermezza missioni di portata nazionale e internazionale: fu mediatore tra Clemente III e Federico Barbarossa, il cui successore, Enrico VI, costituì Alberto principe dell’Impero. Per incarico di Innocenzo III nel 1199 rimise in pace Parma e Piacenza, ciò che il 12 gennaio 1194 aveva già fatto a Vercelli per Milano e Pavia. Nello stesso 1194 dettò statuti per i canonici di Biella; verso il 1200 decise in una lite tra l’abate e il preposto di S. Ambrogio di Milano; nel 1201 fu fra i consiglieri per regola degli Umiliati, trasformati in ordine religioso da Innocenzo III. Importanza speciale, in questo periodo vercellese, ha il sinodo diocesano celebrato nel 1191, di grande valore per la parte disciplinare, che continuò a servire di norma fino ai tempi moderni.
Innocenzo III con lettera del 17 febbraio 1205, chiese ad Alberto di accettare l’elezione a Patriarca di Gerusalemme.
Sulla fine dell’anno Alberto otteneva varie facoltà e il pallio.
Giunse in Palestina all'inizio del 1206, ma, non potendo entrare in Gerusalemme occupata dai Saraceni, fissò la sua sede ad Accon (S. Giovanni d’Acri).
Anche da patriarca Alberto ebbe incarichi di straordinaria fiducia dal papa: fu mediatore di pace tra il re di Cipro e quello di Gerusalemme, fra il re di Armenia e il conte di Tripoli, tra questo e i Templari, fra il re di Armenia e gli stessi Templari, tra il re di Cipro e il suo connestabile. In campo ecclesiastico si oppose all’arcidiacono di Antiochia, che sostituì con un’altra persona; si oppose al conte di Tripoli, che teneva prigioniero il patriarca di Antiochia; depose il patriarca greco intruso e fece eleggere un nuovo patriarca latino; annullò la scelta invalida dell’arcivescovo di Nicosia in Cipro e ne fece eleggere un altro; col sultano d’Egitto operò uno scambio di prigionieri e mandò legati al sultano di Damasco per la pace in Terra Santa. Fu sempre molto stimato da Innocenzo III, che gli inviò molte lettere e ne apprezzò la saggezza, la prudenza e la fortezza, attribuendo alla sua opera se la Terra Santa non finì del tutto sotto il dominio dei Saraceni. Il 19 apr. 1213 il papa lo invitava al Concilio Lateranense IV, al quale non poté, però, partecipare per il sopraggiungere della morte.
Verso il 1208-1209 Alberto scrisse la Formula di vita (che diventerà nel 1247 con l’intervento di Innocenzo IV regola) carmelitana, che indirizzò al priore del Monte Carmelo, un non meglio specificato B. (poi detto Brocardo), e agli altri « eremiti che sotto la sua obbedienza abitano presso la Fonte» alla sacra montagna.
Breve ed essenziale, la Formula di vita è un saggio prezioso della mente e dello spirito di Alberto, ed è da ritenersi un testo importante della spiritualità medievale. Alberto codificò certamente quella che era la tradizione monastica del Carmelo, ma vi manifestò indubbiamente i tratti caratteristici della sua anima. Non per nulla la formula di vita, così parca e discreta relativamente a vere e proprie prescrizioni disciplinari, insiste particolarmente sullo spirito della nuova istituzione orientata verso la continua orazione e la meditazione della parola di Dio, e al clima interiore ed esteriore di silenzio, al raccoglimento e al distacco, che favoriscono l’intimo contatto con Dio.
Per questo testo, che è ancora la legge basilare della formazione e della disciplina religiosa del Carmelo, l’Ordine venera S. Alberto come proprio legislatore.
Mentre ad Accon il 14 settembre 1214 partecipava ad una processione, Alberto fu ucciso a colpi di coltello dal Maestro dell’Ospedale di Santo Spirito, che egli aveva rimproverato e deposto per la sua cattiva condotta.